Mala tempora currunt
- Scritto da Domenico Marcello Gerbasi
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- Pubblicato in Vivere o esistere?
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Viviamo davvero tempi bui? I pessimisti aggiungono: "...sed peiora parantur", preparandosi al peggio.
Sembra ieri, eppure siamo usciti da un'epoca cominciata subito dopo due tremende guerre mondiali che ha visto l'umanità - rossa di sangue e di vergogna per i crimini commessi - dirigersi faticosamente e con speranza verso un futuro di pace e benessere. Troppi segnali ci inducono a pensare che, oggi più che mai, viviamo un'era nuova, un periodo storico in cui la "ragione" è di chi se la prende, ed è garantita dal più forte, da chi ha più "consenso popolare", costi quel che costi.
Forse abbiamo già dimenticato che il popolo ha votato per Barabba, non molto tempo fa.
Non solo: il "popolo", tra i suoi tanti difetti, ha la memoria corta. Non ci sono più i sopravvissuti di Auschwitz a ricordarci di quale abominio è capace l'uomo, sono morti quasi tutti i testimoni di quelle atrocità. I libri di storia non bastano.
Oggi rischiamo seriamente di commettere il più imperdonabile degli errori: dimenticare!
Dimenticare che le guerre più sanguinose sono state annunciate come "legittime" e "giuste". Ma se non c'è mai un buon motivo che possa giustificare la morte di un singolo essere vivente, figuriamoci lo sterminio di un intero popolo.
In un'epoca in cui sembra che non ci sia più bisogno di DIO (oramai siamo capaci di far tutto da soli e soprattutto "sappiamo" tutto, no?) l'uomo che fa?
Semplice: si inventa un meraviglioso surrogato di sé stesso, l'intelligenza artificiale, per prendersi il lusso di staccare la spina del suo cervello - cioè decide di non decidere - e inserisce il pilota automatico.
Al contrario, il recente appello mondiale fatto con inusuale dolcezza dal neo-eletto pontefice Leone XIV ci invita ad un ritorno alla spiritualità.
Egli ci ha ricordato fermamente un principio che non possiamo e non dobbiamo ignorare: la centralità dell'uomo e l'importanza delle conseguenze delle proprie azioni. L'abominio delle guerre ha avuto un picco impressionante negli ultimi tre anni, e i conflitti emergenti si ingigantiscono di fronte all'impasse di un'Europa che non sa fare altro che restare a guardare.
In Ucraina e a Gaza hanno smesso di contare i morti e i feriti. Gli sfollati, i vecchi e i bambini affamati hanno solo il tempo di capire che stanno per morire a causa di una cattiveria inaudita e ingiustificabile, per vendetta e desiderio di potere, a pochi chilometri da un mondo che, distrattamente, celebra gli eventi mondani, sportivi e fashion tra paillettes, riflettori e red carpets.
È questo il cammino dell'umanità di oggi? Viene spontaneo provare vergogna di tutta questa farsa.
Ma fortunatamente la maggior parte della gente è già in fila davanti ai negozi per accaparrarsi il nuovo modello di iPhone o si chiede se c'era o non c'era il rigore al 90'.
Ma sì: giriamoci dall'altra parte che è meglio... Non ne vale la pena!
Il valore della vita perde significato quando l'animo umano è pervaso dall'indifferenza verso chi soffre.
Eppure basterebbe leggere il meraviglioso romanzo "Delitto e castigo" per capire come, già nel 1866, Dostoevskij, con poche pennellate, era riuscito a dipingere il profilo di Raskolnikov, lo studente poverissimo, letteralmente ossessionato dalla "teoria del superuomo" che lo indurrà a commettere due efferati delitti.
Prendendo a modello uomini eccezionali come Napoleone, posizionati a suo dire al di sopra delle leggi morali, egli si ritiene libero di commettere qualunque atto - anche omicidi - pur di raggiungere uno scopo ideale importante.
Tuttavia la vera pena del protagonista di questo romanzo - dopo un tormentato tentativo di sfuggire alla giustizia - più che i lavori forzati in Siberia, culmina nell'angoscia del suo animo, che sprofonda nell'abisso della consapevolezza dell'abominio commesso.
L'umanità è sempre a rischio quando qualche "Raskolnikov" viene inavvertitamente eletto capo supremo di un popolo: costui potrebbe commettere i più efferati delitti contro l'umanità - che qualcuno simpaticamente chiama ancora "guerre preventive" - sentendosi giustificato e godendo dell'immunità che gli verrebbe conferita dalla più antica, ammaliante e affascinante forza maligna dell'universo: la sete di grandezza e di potere, che trasformano l'uomo esattamente in un "superuomo". L'arroganza di proclamarsi innocenti e giustificati di fronte a tutto e tutti!
Ma se proprio con la presa di coscienza, senza "se" e senza "ma", abbiamo iniziato la nostra catarsi, cercando di uscire dalle due guerre mondiali, ammettendo il crimine dell'umanità consumato nei campi di sterminio, se Raskolnikov ha cominciato il suo percorso di redenzione dichiarando, prima in piazza e poi in commissariato, il suo duplice omicidio, oggi più che mai è necessario iniziare a sperare in un futuro di pace vera, cominciando proprio ad ammettere che le guerre in corso siano un gravissimo errore, un abominio ingiustificabile!
"Credo negli esseri umani che hanno il coraggio di essere umani..." dice una canzone di Mengoni.
Ricominciando a guardarci reciprocamente negli occhi, riscopriremo che la parola "umanità" è prima di tutto un obiettivo da meritarsi e da conquistare per ogni uomo sulla terra, indipendentemente dal colore della sua pelle e dal nome del suo Dio.
A volte, non basta una vita intera per inseguirla, raggiungerla e viverla con pienezza, ma, mai come oggi, vale la pena tentare.
Anche in questo Dostoevskij aveva ragione.
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